lunedì 19 aprile 2010

Brescia bestia nera!

di Matteo Marchello


Il racconto di Lecce-Brescia è la storia della squadra prima in classifica che viene fischiata dal proprio pubblico a fine partita dopo aver pareggiato contro la seconda.
Questo atteggiamento dei tifosi, tanto paradossale da rischiare di essere archiviato alla voce ingratitudine, trova, in questo caso, spiegazione razionale e condivisibile.
La partita iniziava, infatti, con l'uno-due micidiale di Marilungo e Corvia che portava i giallorossi sul 2-0 all'ottavo minuto; chi guardava la partita sentiva la voce dell'arbitro di tennis che chiamava il famoso “game, set and match”, ovvero gioco, partita e incontro, che traslato dal mondo delle racchette poteva dire solamente una cosa: Serie A.
I salentini, infatti, giocavano sul velluto, sfiorando due occasioni clamorose ancora con Corvia e Marilungo, e la partita rimaneva sullo stesso risultato, con la convinzione di avere la partita in pugno, con i centrocampisti giallorossi saldamente in possesso delle chiavi della linea mediana del campo, Mesbah, schierato terzino dall'allenatore De Canio, e Angelo padroni delle fasce di competenza, e con i due autori dei gol che sembravano aver trovato il modo di sfuggire alla marcatura dei centrali di difesa bresciani, Di Michele, invece, lasciava intuire da subito di non essere in giornata, la sua fumosità lo avrebbe accompagnato per tutta la partita.
Alla mezz'ora l'impensabile svolta: un'uscita non impeccabile di Rosati – autore per il resto di un match senza sbavature – regalava, infatti, a Baiocco la possibilità di crossare per Taddei che, lasciato incomprensibilmente solo dalla retroguardia leccese, insaccava di testa a pochi passi dalla linea di porta.
Questo episodio, che sembrava francamente piovuto dal cielo, ridava convinzione agli ospiti che interpretavano i restanti 15 minuti del primo tempo con ritrovata tenacia rispetto all'approccio morbido – per usare un eufemismo – con il quale erano entrati in campo, e, dopo un forcing serrato, trovavano il pareggio con una pregevole azione personale di Possanzini, che segnava con un preciso destro a giro dal limite dell'area.
Il secondo tempo iniziava senza cambi con le due squadre che attaccavano a fasi alterne piuttosto blandamente, facendo intendere che accontentarsi di un punto era più saggio di rischiare di non prenderne nessuno; il risultato di questa mentalità era che Angelo rischiava di segnare il gol del vantaggio e il Brescia ci riusciva, ma il guardalinee sbandierava un fuorigioco dubbio, inducendo il direttore di gara ad annullare la rete.
La partita scivolava via senza nessun altro sussulto, lasciando in bocca ai salentini il gusto amaro dei due punti persi dopo la partenza in quarta, e ai lombardi quello dei rimpianti per il gol annullato, forse, ingiustamente.
Quando l'arbitro sanciva la fine del match imperversavano i fischi del pubblico che rimproveravano i giocatori di non averci messo la convinzione necessaria per vincere la partita anche nel secondo tempo, atteggiamento che, tuttavia, può essere anche spiegato da una condizione fisica non ottimale dopo una stagione lunga ed estenuante.
Tuttavia De Canio, seppur bravissimo fino ad ora, non è esente da colpe, non si capisce, infatti, perché abbia tenuto in campo Di Michele sebbene non sia mai stato decisivo, e abbia perso un numero esorbitante di palloni in dribbling pretenziosi per tutta la partita; tra i meriti del mister, invece, quello di aver mandato in campo una squadra molto offensiva, con Mesbah e tre attaccanti in campo dal primo minuto, per cercare di giungere al vantaggio prima possibile, evidenziando, tuttavia, la macchia di non esser riuscito a disporre la squadra per mantenerlo fino al novantacinquesimo.
Quando mancano cinque turni alla fine del campionato, l'allenatore materano ha il difficile compito di mantenere alta la concentrazione dei suoi giocatori, finora nulla è stato ancora conquistato e dilapidare il vantaggio faticosamente accumulato sarebbe un peccato capitale che nel Salento nessuno si auspica.

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