sabato 15 maggio 2010

Lecce Cesena: dov'è la festa?

di Vittorio Murra

Il calcio è anche questo: una festa per i 30.000 intrusi che affollavano selvaggiamente i seggiolini del via del Mare, ed una sofferenza per i soliti 5.000 che hanno dovuto sopportare la seccatura dei nuovi arrivati e la batosta della doppietta di Malonga, il bomber ribelle.
Il gol di Munari scatena gli entusiasmi di chi, solo due sabati prima, aveva vissuto il relax della spiaggia di Gallipoli o Porto Cesareo, ignorando del tutto che a due passi dal mare la squadra che, forse, l’anno prossimo porterà nel Salento le strisciate, stava giocandosi il campionato contro l’Albinoleffe.
Parte subito l’onda del via del Mare dal minuto 7 del primo tempo fino al minuto 80. Un’onda di esaltazione, forse, di passione, chissà, di tifo verace, si dubita. È solo il clima della festa prima del tradizionale bagno nella fontana e dei riti celebrativi nell’anfiteatro. Uno squallore abnorme che fa da scenario ad una trama da incubo.
Il Lecce non va in serie A, festa rimandata e tutti a casa, in silenzio. Nessun coro, nessun applauso dopo la doppietta del bomber scuro. Scuro oppure oscuro, il gioco di parole è semplice, come la doppietta rifilata dall’attaccante ai giallorossi. Cupa perché lascia con l’amaro in bocca pochi dei 35.000 che affollavano gli spalti, ma anche le scale, le inferriate, le vie d’uscita. Quando è festa, è festa. Cupa perché lascia l’alone del sospetto. Cosa è successo dopo il gol del pareggio fra i giocatori in campo? Cosa si sono detti Fabiano e Malonga nel duro faccia a faccia dopo il tentativo di quest’ultimo di infilare il lato sinistro di Rosati? Tutti interrogativi senza risposta. E senza risposta rimarrà probabilmente l’immagine di un Piangerelli che si dimena per indicare a Bergonzi il fallo di mano del suo compagno che, al 93esimo, nega la gioia del gol a Marilungo. Dove corre Vives a fine gara inseguito da De Canio non si sa. Malonga come Bastian Tuta? Non si sa. Di certo, la festa, l’ha rovinata.

lunedì 19 aprile 2010

Brescia bestia nera!

di Matteo Marchello


Il racconto di Lecce-Brescia è la storia della squadra prima in classifica che viene fischiata dal proprio pubblico a fine partita dopo aver pareggiato contro la seconda.
Questo atteggiamento dei tifosi, tanto paradossale da rischiare di essere archiviato alla voce ingratitudine, trova, in questo caso, spiegazione razionale e condivisibile.
La partita iniziava, infatti, con l'uno-due micidiale di Marilungo e Corvia che portava i giallorossi sul 2-0 all'ottavo minuto; chi guardava la partita sentiva la voce dell'arbitro di tennis che chiamava il famoso “game, set and match”, ovvero gioco, partita e incontro, che traslato dal mondo delle racchette poteva dire solamente una cosa: Serie A.
I salentini, infatti, giocavano sul velluto, sfiorando due occasioni clamorose ancora con Corvia e Marilungo, e la partita rimaneva sullo stesso risultato, con la convinzione di avere la partita in pugno, con i centrocampisti giallorossi saldamente in possesso delle chiavi della linea mediana del campo, Mesbah, schierato terzino dall'allenatore De Canio, e Angelo padroni delle fasce di competenza, e con i due autori dei gol che sembravano aver trovato il modo di sfuggire alla marcatura dei centrali di difesa bresciani, Di Michele, invece, lasciava intuire da subito di non essere in giornata, la sua fumosità lo avrebbe accompagnato per tutta la partita.
Alla mezz'ora l'impensabile svolta: un'uscita non impeccabile di Rosati – autore per il resto di un match senza sbavature – regalava, infatti, a Baiocco la possibilità di crossare per Taddei che, lasciato incomprensibilmente solo dalla retroguardia leccese, insaccava di testa a pochi passi dalla linea di porta.
Questo episodio, che sembrava francamente piovuto dal cielo, ridava convinzione agli ospiti che interpretavano i restanti 15 minuti del primo tempo con ritrovata tenacia rispetto all'approccio morbido – per usare un eufemismo – con il quale erano entrati in campo, e, dopo un forcing serrato, trovavano il pareggio con una pregevole azione personale di Possanzini, che segnava con un preciso destro a giro dal limite dell'area.
Il secondo tempo iniziava senza cambi con le due squadre che attaccavano a fasi alterne piuttosto blandamente, facendo intendere che accontentarsi di un punto era più saggio di rischiare di non prenderne nessuno; il risultato di questa mentalità era che Angelo rischiava di segnare il gol del vantaggio e il Brescia ci riusciva, ma il guardalinee sbandierava un fuorigioco dubbio, inducendo il direttore di gara ad annullare la rete.
La partita scivolava via senza nessun altro sussulto, lasciando in bocca ai salentini il gusto amaro dei due punti persi dopo la partenza in quarta, e ai lombardi quello dei rimpianti per il gol annullato, forse, ingiustamente.
Quando l'arbitro sanciva la fine del match imperversavano i fischi del pubblico che rimproveravano i giocatori di non averci messo la convinzione necessaria per vincere la partita anche nel secondo tempo, atteggiamento che, tuttavia, può essere anche spiegato da una condizione fisica non ottimale dopo una stagione lunga ed estenuante.
Tuttavia De Canio, seppur bravissimo fino ad ora, non è esente da colpe, non si capisce, infatti, perché abbia tenuto in campo Di Michele sebbene non sia mai stato decisivo, e abbia perso un numero esorbitante di palloni in dribbling pretenziosi per tutta la partita; tra i meriti del mister, invece, quello di aver mandato in campo una squadra molto offensiva, con Mesbah e tre attaccanti in campo dal primo minuto, per cercare di giungere al vantaggio prima possibile, evidenziando, tuttavia, la macchia di non esser riuscito a disporre la squadra per mantenerlo fino al novantacinquesimo.
Quando mancano cinque turni alla fine del campionato, l'allenatore materano ha il difficile compito di mantenere alta la concentrazione dei suoi giocatori, finora nulla è stato ancora conquistato e dilapidare il vantaggio faticosamente accumulato sarebbe un peccato capitale che nel Salento nessuno si auspica.

sabato 3 aprile 2010

Lo zingaro felice

Cliccate sul titolo, ne vedrete delle belle. Daje MIRKOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!

giovedì 1 aprile 2010

Calcola il tuo rush finale !!!

Provate ad immaginare come sarà a fine campionato, clikkate sul titolo.

sabato 20 marzo 2010

Lecce, a Reggio la rinascita

di Matteo Marchello

Venerdì sera allo stadio Granillo di Reggio Calabria in tabellone era previsto l'anticipo di serie B tra la squadra di casa, la Reggina, ed il Lecce. In realtà quello a cui gli spettatori hanno assistito non è stata una partita di calcio, ma lo spettacolo teatrale “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde”: il celebre romanzo di Stevenson in cui il mite dottore che di giorno esercita la sua professione e di notte diventa un feroce assassino che terrorizza la città di Londra. Nel romanzo la mutazione avviene a seguito dell'assunzione di una pozione magica, realizzata dallo stesso dottore per acquisire maggior carattere e personalità, di cui sente la mancanza nella sua vita ordinaria e monotona; la mutazione giallorossa avviene, invece, tra primo e secondo tempo, grazie ai correttivi di De Canio, stufo di vedere il solito Lecce che nelle ultime 6 partite prima di Reggio aveva raccolto 1 vittoria 4 pareggi e l'umiliante sconfitta interna con in Cittadella.
Il Lecce iniziava la partita, infatti, con una formazione schierata con un modulo diverso dal 4-3-3 che ha fatto le fortune di questa stagione, ovvero un 4-4-2 più quadrato, con Belleri e Mazzotta terzini, Angelo e Mesbah ali di centrocampo, e la coppia d'attacco composta da Baclet e Marilungo; questa sperimentazione non dava i frutti sperati, tanto che era la Reggina a rendersi più pericolosa dopo il calcio d'inizio con 2 conclusioni prima di arrivare al gol con Barillà; il Lecce vedeva i fantasmi delle ultime prestazioni e non riusciva a reagire in nessun modo.
Il primo tempo finiva con il cambio di Mazzotta per Munari senza nemmeno aspettare l'intervallo, episodio che assomigliava tanto a una bocciatura tanto per l'esterno palermitano quanto per il nuovo modulo, incapace di dare la giusta scossa alla squadra.
Il ritorno al 4-3-3 e la sicura strigliata di De Canio negli spogliatoi trasformavano la docile squadra salentina in un'altra completamente diversa: cattiva e affamata di punti, la cui essenza si incarnava in Guido Marilungo, autore di una tripletta, che insieme al gol del sorpasso di Angelo, e a quello, inutile, di Cacia, chiudeva la partita sul 4 a 2 finale.
Il Lecce visto in Calabria nel primo tempo è sembrato una squadra convalescente, che aveva sul corpo ancora le cicatrici della batosta con il Cittadella, dimostrando di essere incapace ad attaccare ed essere pericolosa,tanto da non aver mai tirato in porta; nella seconda frazione, invece, è scesa in campo la squadra schiaccia-sassi della parte centrale del campionato, capace di creare bel gioco, segnare 4 gol mostrando una superiorità manifesta nei confronti di una Reggina che, ignara della metamorfosi giallorossa avvenuta negli spogliatoi, è stata annichilita più che sconfitta, ed ora vede lo spettro della retrocessione in prima divisione.
Malgrado il risultato e la dimostrazione di forza dei secondi 45 minuti, De Canio deve, tuttavia, interrogarsi sulle motivazione dell'approccio da incubo alla partita, e sull'opportunità di sperimentare nuove soluzioni tattiche allorquando è stato appurato che il 4-3-3 è il modulo migliore per gioco espresso e punti conquistati, e sebbene il campionato sia ancora molto lungo, un eventuale ulteriore cambio di modulo potrebbe costare punti pesanti, fondamentali per l'obiettivo promozione.

martedì 16 marzo 2010

Lecce - Cittadella: colpa di chi?

di Vittorio Murra

La cittadella del gol verrebbe da dire, reti confezionate ad arte per una squadra che - prima della gara di Lecce - guardava i sei punti che la separavano dalla lega pro, e che oggi guarda invece ai sette che la distanziano proprio dalla capolista.
I giallorossi si affacciavano al match coi veneti pregustando un piatto al sapore di "vendetta", con i salentini feriti nell’orgoglio per il 3-0 subito all’andata: un risultato netto, che - come oggi - aveva imposto uno stop dopo gli undici punti conquistati. Stop che poi ha permesso alla squadra di De Canio di dare una svolta alla classifica e alla stagione, ridimensionando in lungo e largo obiettivi e pretese. Oggi, di positivo dopo i cinque gol incassati dalla squadra di Foscarini, ci sono gli stessi undici punti del ritorno. Preludio, forse, di altri cambiamenti ed altri obiettivi da raggiungere. Magari sempre gli stessi, magari quelli previsti ad agosto, quando la calura imponeva di tenere ben saldi i piedi nell’acqua per placare i bollenti spiriti di una retrocessione amara e di un avvenire dal basso profilo.
Mister De Canio ha tirato fuori da quel 3 ottobre 2009 tutti i conigli dal cilindro, spedendo in orbita una squadra dalle potenzialità dubbie e dalla concentrazione instabile. La continuità dei risultati, e la poca propensione alla sconfitta – sono solo sei le gare senza punti dei giallorossi, meglio ha fatto solo il grosseto con cinque – hanno reso i giallorossi come quel coltello che quando entra lacera e quando esce strappa. Ed il Lecce, affondando la lama, ha lacerato una serie B che ai nastri di partenza lo vedeva sofferente, ma poi al primo cedimento delle forze la lama esce e strappa l’ambiente illuso, forse, da un primato conquistato solo dalla saggezza dell’allenatore. Allenatore che nel perdere malamente una gara, nella quale tutti si aspettavano la rottura dell’incantesimo del pareggio, decide di addossare su di sé tutte le colpe, fungendo da parafulmine in un campo di pali.
Colpa mia, dice De Canio, perché ho mandato in campo quella formazione, quei calciatori con quel modulo. Colpa di tutti allora, se i criteri di scelta sono sempre basati sulla meritocrazia, sunto di una serie di comportamenti settimanali di atleti non ancora uomini né calciatori, evidentemente. Colpa di tutti, perché chiunque, con un po' di professionalità avrebbe messo in campo gli stessi undici, meritevoli forse di giocare, non di subire una così netta umiliazione. O forse si.
Il problema non si focalizza più sulle caratteristiche dei calciatori in rosa, dove - ad esempio - il mancato pressing e la poca dimestichezza nel fraseggio in velocità si spiegano solo col fatto che non sono queste le qualità della rosa a disposizione. L'obiettivo deve essere centrato, quindi, sulla testa o nella testa: quando non si raddoppia la marcatura, quando il compagno non aiuta più quello in difficoltà, non recupera dopo un suo intervento sbagliato, quando la squadra non riesce ad essere corta ed una volta pressata ricorre al lancio lungo, evidentemente qualcosa non va. Manca di tranquillità, di personalità e probabilmente di una paternale da parte di chi ogni giorno gli dà da mangiare.

martedì 2 marzo 2010

C'è un Mister X e non è De Canio


L’avremmo voluto definire l’uomo nero, ma la tendenza del momento impone di chiamarlo Mister X, che non è mister pareggio, il riferimento non va a De Canio, ma vuole essere un nomignolo che vuol racchiudere al suo interno una persona, forse più di una, un concetto, un modo di essere, una lobby che cerca in tutti i modi di svalutare il lavoro svolto con profitto dal mister, inteso questa volta come l’allenatore.
Sono le sirene d’allarme che ci impongono di porre l’accento su di una situazione che evidentemente ha toccato il punto più alto della sua criticità. Il botta e risposta fra il presidente Semeraro e l’allenatore De Canio che se le mandano a dire attraverso la carta dei giornali, le dichiarazioni rilasciate in tv dal giornalista Stefano Meo, ed una serie di odori nell’aria che si diffondono dopo ogni punto perso dalla squadra, persino, in maniera più leggera, dopo ogni vittoria, per quanto roboante.
Una situazione paradossale, che probabilmente non trova una logica spiegazione, per lo meno non nella logica dello sport, unita sia pure a quella degli affari che con esso convivono nell’assurdo mondo del pallone.
Cosa deve fare un allenatore per entrare nelle grazie di una Società se non dominare un campionato, e magari farlo dopo una spesa di appena un milione di euro? Forse De Canio dovrebbe imparare dai maestri delle promozioni, da chi ha l’arte nelle mani e il vuoto nei portafogli. Da chi compra facile e lascia la mancia, e da chi vince a stento il campionato occupato com’era a scriversi il prolungamento del contratto.
Sono strani giochi di potere che giovano a pochi, e che confondono le idee a tutti gli altri. Uno strano mondo quello del calcio, dove la società non difende mai il proprio allenatore, o meglio non difende questo allenatore. Nessun gabbiotto per lui. Nessuna difesa precostituita, ma nemmeno guadagnata. Come se De Canio non fosse una scelta voluta, come se De Canio fosse un bastone raccolto per strada dai raggi di una ruota. Come se De Canio fosse l’allenatore giusto, con le idee sbagliate.

lunedì 1 marzo 2010

Numeri che condannano i corvacci

di Vittorio Murra

XXX!!! Rob Cohen ci ha fatto un film di successo, mentre De Canio dopo tre pareggi consecutivi stenta a strapparci un paio di applausi. È il destino beffardo di chi ha trasformato l’acqua in vino, e di chi assaggiandolo per sminuire il prodigio lo sputa e lo chiama Tavernello. Come se la trasformazione non fosse sempre straordinaria. E adesso si scatenano, i tecnici del Salento o poco più in là, a beccare De Canio sul tridente azzardato o sui cambi in ritardo. Come se fosse l’errore pacchiano di un dilettante qualsiasi e non la scelta coraggiosa di chi non ne ha mai sbagliata una fino oggi. La memoria è corta e la gente dimentica, quanto difficile ed in salita è stato l’inizio. Quanto ha desiderato e sognato un Lecce senza Angelozzi. Quanto ha desiderato e sognato un Lecce primo in classifica. Desiderato e sognato un Lecce pieno di novità, di giovani promesse e belle speranze. Desiderato di svegliarsi da un incubo senza fine, sognato di svegliarsi e scoprire che la realtà è diversa. E la realtà è diversa. La realtà snocciola dei numeri tanto cari ai più che non lasciano spazio alle interpretazioni: 41 reti fatte e miglior attacco della categoria, 27 reti subite e terza difesa del campionato. Lo scarto è di 14 gol, per la serie “ce l’abbiamo noi la coperta corta più lunga”. Ci sarebbe il Cesena, ad onor di cronaca, che con 17 reti di scarto avrebbe una coperta che copre da capo a piedi; ma poi le segnature sono solo 33 e quindi scopri che esulti di meno. Numeri che incoronano il Lecce come la squadra più continua nonostante di continuo in formazione ci sia solo il costante cambio degli interpreti. Una squadra che ha fatto a meno di Marilungo, Baclet e Defendi in attacco; che si è privata di Mesbah per tutta la parte iniziale; che ha ruotato Terranova, Schiavi, Fabiano e continua a farlo. Una squadra che non ha ancora trovato la quadratura ideale che è soggetta spesso alle bizze di gioventù e su queste costruisce il suo futuro.
Tutto quello che manca a questa squadra non è certo il bomber, che pure è stato richiesto da De Canio, ma non è stato accontentato; ciò che più manca è l’affetto, quello si, di una piazza che pretende ancora di più; la competenza e la professionalità di addetti ai lavori che non avranno mai affetto per questa squadra, ma solo interessi per camparci ancora un altro po', con la bava alla bocca.

martedì 23 febbraio 2010

Crotone - Lecce: altro pari

di Matteo Marchello

Giocare di lunedì sera può essere nocivo a chi non ha il sangue freddo del killer professionista: conoscere i risultati delle avversarie, e giocare a scacchi più che a calcio, va al di là delle potenzialità del Lecce di De Canio che, in questa stagione ha già sprecato troppi match point, e in una serie B di diverso livello sarebbe già stata acciuffato dalle inseguitrici.
Per sua fortuna Ancona, Sassuolo, Cesena si divertono a giocare sull'altalena, dimostrando di non avere la continuità necessaria a chi coltiva ambizioni di promozione e quindi i Salentini si trovano a guidare la graduatoria nonostante il secondo pareggio consecutivo.
Nel posticipo del lunedì sera, orario a cui non ci si abitua mai, i giallorossi erano ospiti dell'ostico Crotone allenato da Lerda, che dopo anni di gavetta in serie C sta dimostrando di saperci fare anche nella cadetteria sfoggiando un impianto di gioco ben collaudato a dispetto di coloro i quali giudicano, con troppa superficialità, le potenzialità di una squadra dalla sola lettura dell'organico.
I leccesi partivano senza troppa audacia, ed erano i padroni di casa a farsi pericolosi per primi con due chiare occasioni sventate dall'ottimo Rosati, prima di essere colpiti, al 22simo, da Marilungo che caparbiamente infilava in porta un pallone recuperato al limite dell'area avversaria.
Una volta in vantaggio il match era tutt'altro che finito, poiché il Crotone dimostrava di essere squadra tenace, arrivando al pareggio al 39simo con Mendicino sugli sviluppi di un calcio da fermo, e sfiorando il raddoppio con lo stesso centrocampista calabrese appena un minuto dopo, a seguito di un liscio difensivo di Angelo all'interno dell'area di rigore; al di là di questo episodio, il terzino brasiliano è apparso ancora una volta sotto i suoi standard.
Il secondo tempo era ben giocato da entrambe le squadre che dimostravano di non accontentarsi del pareggio, attaccando su ritmi molto sostenuti, con il passare del tempo, e l'inevitabile incedere della stanchezza le squadre si allungavano, il tutto a vantaggio dello spettacolo offerto; la scarsa vena degli attaccanti e quella buona dei portieri consegnava agli annali il pareggio finale con il risultato uno a uno che non cambiava neppure dopo la girandola di sostituzioni finali.
Sebbene per il Lecce l'occasione di allungare fosse ghiotta, in questa partita si è conquistato un buon punto, dimostrando di voler vincere la partita, come dimostrano gli inserimenti di Baclet e di Di Michele nel finale, a differenza dello scialbo pareggio casalingo ottenuto 8 giorni fa contro il Modena.
I giallorossi in questa partita ottengono la conferma di un ritorno alle buone prestazioni personali dell'inizio della stagione di Marilungo che sono mancate nella fase centrale del campionato che infondono ottimismo per il prosieguo del campionato.
Desta preoccupazione, tuttavia, il rendimento di Corvia, vittima di un calo di condizione che ne rende carente l'apporto in zona gol; forse l'inserimento di Baclet dal primo minuto già nella prossima partita casalinga con la Triestina potrebbe giovare alle prestazioni dell'intera squadra.

sabato 13 febbraio 2010

Lecce - Modena: mancato allungo

di Matteo Marchello

Tutti conoscono il celebre gatto Silvestro, protagonista del famosissimo cartone animato in cui in ogni episodio cercava disperatamente di catturare il canarino Titti senza riuscirci: in questa stagione i giallorrossi sono stati colpiti dalla “sindrome di gatto Silvestro” portando a casa solamente due scialbi 0-0 nelle sfide di andata e ritorno con i canarini Modenesi.
Eppure la 25sima giornata di campionato, era iniziata nel migliore dei modi: il programma spezzatino, infatti, aveva regalato ai salentini la possibilità di scendere in campo già sapendo che le dirette concorrenti Cesena e Sassuolo erano state battute a domicilio da Crotone e Gallipoli.
Si prospettava, quindi, la possibilità di allungare sulle inseguitrici e l'ottima prestazione di Frosinone nel turno precedente autorizzava i tifosi all'ottimismo.
Invece il Lecce entrava in campo nella maniera peggiore possibile, lento e presuntuoso, incosciamente convito che un gol sarebbe arrivato senza fare nulla per crearlo.
Risultato di questo atteggiamento è stato un primo tempo soporifero, caratterizzato dalla completa assenza di azioni pericolose da una parte e dall'altra; se questo era comprensibile da parte del Modena, giunta nel Salento senza punte titolari, con il chiaro intento di difendere il risultato iniziale, sicuramente ci si aspettava di più dai leccesi, chiamati a ribadire il primato in classifica.
I giallorossi uscivano dal tunnel degli spogliatoi con un piglio diverso, sicuramente motivati a dovere da mister De Canio negli spogliatoi, e iniziavano il secondo tempo con il piede pigiato sull'acceleratore, chiudendo gli avversari nella propria metà campo, ma senza riuscire ad essere particolarmente incisivi.
L'ingresso in campo del neo-acquisto Di Michele dava maggior vivacità agli undici giallorossi, capaci di creare due occasioni da gol abbastanza nitide, prima con Di Michele e poi con Corvia, ma la porta gialloblù rimaneva violata fino al termine dell'incontro.
Oltre ai citati limiti mentali, i giallorossi contro il Modena hanno evidenziato alcune lacune tattiche dovute alla mancanza di un regista vero e proprio, ed in questo senso non si capisce perchè Loviso, acquistato proprio per dettare tempi e geometrie alla manovra sia rimasto per novanta minuti in panchina, dove avrebbe probabilmente meritato di stare Angelo, autore di una partita tanto inconcludente da essere irritante per via di tutti i cross sbagliati e le avventate iniziative personali, che mettono in dubbio l'effettiva provenienza brasiliana del terzino.
Il Lecce può recriminare per due punti lasciati sul campo che avrebbero lanciato i giallorossi nella prima vera fuga della stagione, aumentando il vantaggio sul Sassuolo, secondo in graduatoria, a 3 punti, e a 5 punti sulle terze Ancona e Cesena; invece così non è stato, ancora una volta Titti è riuscita a sfuggire a Silvestro, e i salentini hanno dimostrato di non essere in grado di fare il salto di qualità necessario a scrivere la parola fine su questo campionato, che rimane inspiegabilmente aperto nonostante la pochezza e la discontinuità di molte squadre che popolano l'alta classifica.

martedì 2 febbraio 2010

De Canio: 4 rinforzi 0 spese

di Vittorio Murra


L’effetto è strano, da farsi analisi e controanalisi per verificare che non ci sia stata la diffusione di qualche allucinogeno al “via del Mare”. Poi però ci si guarda intorno e si nota come le stesse cose che vediamo noi, le vede anche chi suole non frequentare gli impianti sportivi dell’US Lecce. Nessuna assunzione illecita dunque, è tutto vero. Da quest’anno Edinho e Digao “via Templari” li vende, non li compra più. Li svende. Lo svende per meglio dire. Certe volte bisogna sapersi accontentare, non impigliarsi nei dettagli. Via, le più grosse scorie di un calcio business che ha portato più sciagure che benefici. Ha allontanato da Lecce gente del calibro di Gino Di Mitri e Robertino Rizzo, oggi DS e allenatore di un Matera di serie D. Gente competente, preparata, che nella vita ha raggiunto risultati eccellenti con poche risorse a disposizione. Stesso cammino di Luigi De Canio a Lecce. Un milione di euro, o poco più, è costata a Semeraro quest’annata di B, fra mercato estivo ed invernale. Un milione di euro che vale molto più dei 15 spesi per conquistare la A appena due anni fa.

Non è stato facile nemmeno questa volta scendere a compromessi con gli altri operatori di mercato. No secchi ricevuti per Pinilla, Sgrigna, Bogliacino e Genevier. E allora se non è possibile investire denaro fresco per aggiornare, diciamo così, una rosa diventata competitiva attraverso il lavoro, il via libera al mercato dei prestiti gratuiti diventa un passaggio obbligatorio.

In attacco il Lecce acquista qualità ed imprevedibilità con Di Michele. L’attaccante 34enne, proveniente dal Torino, è la pedina giusta per aggirare la linea Maginot di numerose difese avversarie. Freccia in più nell’arco di De Canio da sfruttare anche nei calci piazzati, orfani dello specialista Zanchetta. Gratuito il prestito semestrale con parte dell’ingaggio offerto dalla squadra di Gianluca Petrachi, non quattro anni di contratto a cifre folli, come sarebbe potuto accadere qualche mese fa.

In mezzo al campo, ritenendo ormai inamovibili Giacomazzi, Vives e Munari, si può ipotizzare un Loviso-Bertolacci part time. Col primo certamente più esperto e navigato del secondo, che però rappresenta un patrimonio da coltivare. De Canio saprà certamente inserirli in un contesto ormai organizzato e ben assestato. Infine Ferrario che sostituisce numericamente Ingrosso e Digao, due autentici fantasmi in questa rosa, ma non solo fisicamente, sarà probabilmente un sostituto su cui poter contare. Diverso il discorso per Gragnaniello, l’estremo difensore arriva anch’egli con la formula del prestito secco, ma solo per non avere grattacapi. Il dodicesimo Petrachi ha dimostrato, infatti, di saperci fare.

Operazioni minori quelle di Agnelli, Vicedomini e Triarico. Il primo, svincolato, si aggrega al Foggia, il secondo si lega alla Paganese, il terzo al Taranto in comproprietà. Con queste operazioni il Lecce riesce a risparmiare un monte ingaggi considerevole, paragonabile al prezzo pagato dai giallorossi per il cartellino di Ferrario.

lunedì 25 gennaio 2010

Gradito ospite

Puntatissima quella di domani a Lecce Channel. Ospite, della conduttrice Silvia Famularo, l'allenatore del Lecce Luigi De Canio.
Gradita la partecipazione attraverso il sistema dei messaggi o delle telefonate.

venerdì 22 gennaio 2010

Blocco del mercato

di Vittorio Murra

L'assassino è sempre il maggiordomo? Evidentemente no. Sherlock Holmes questa volta ha toppato, per la felicità del suo assistente Watson.

Eppure anche stavolta la soluzione dell'enigma era così elementare, da non volerci credere. Come la risposta ad una domanda banale, che non hai il coraggio di pronunciare perché troppo scontata per essere vera.

Luigi De Canio, l'uomo della svolta, l'uomo dei primati, quello capace di tenere in mano un gruppo sfaldato, sbandato, l'allenatore che ha ridato una parvenza di professionalità all'ambiente, è solo. Abbandonato dalla stampa, non tutta per la verità, persino contrastato da questa, per un panettone ed una bottiglia di spumante che, a Natale, non si rifiutano mai.

Abbandonato dalla società, che non lo ha mai protetto da una stampa inutilmente cattiva e da risultati che non premiavano il lavoro svolto durante la settimana (il periodo da Piacenza a Cittadella insomma). Abbandonato anche oggi, in sede di mercato, da una società forse scottata dagli improduttivi investimenti degli ultimi quattro anni.

Le domande da porsi sono innumerevoli, e noi ce le poniamo, per tenere sveglia la mente, allenata, ossigenata.

Progetto e transizione prevedevano di traslare dal DS all'allenatore tutti i poteri connessi all'aspetto tecnico ed economico, lasciando poi all'amministratore delegato Fenucci il fardello burocratico. In poche parole, De Canio coi suoi collaboratori scelgono i calciatori, li contattano, definiscono stipendio e costo del cartellino con la società d'appartenenza, e l'US Lecce si muove per chiudere. Niente di più semplice.

Qual è allora il problema datato 22 gennaio 2010? A parte Bertolacci e Ferrario (Gragnaniello non fa testo), di cui comunque si dice un gran bene, non si sono ancora registrati interventi seri sul mercato. E allora si va alla ricerca dell'intoppo che ha bloccato l'ingranaggio perfetto di una macchina che fino ad oggi è prima in classifica, pur essendo partita dalle retrovie.

Tra partenze annunciate (Edinho) e piccoli campioni che giocano ad emulare i grandi - ma solo per le vicende extracalcistiche, i gossip di cui non andare fieri insomma - ci sarà sicuramente stata una strategia di mercato studiata a tavolino fra De Canio ed i suoi osservatori. Calciatori da prendere in via prioritaria, seconde scelte, terze, e così via. Tra le decine di calciatori di cui probabilmente si è fatto il nome non è ancora arrivato nessuno. Il perché non è stavolta riconducibile alla staticità del mercato, come spesso si è fatto credere in passato. Le società infatti sono in rosso da tempo, ad avrebbero tutto l'interesse di cedere i loro pezzi pregiati. Cos'è allora che impedisce a De Canio di acquisire le pedine giuste per chiudere il discorso serie A?

Pensare a incapacità di Fenucci nel chiudere le trattative è palesemente un'assurdità. L'amministratore delegato del Lecce, ha già chiuso trattative ben più complicate di quelle che probabilmente sono oggi all'ordine del giorno. La sua abilità e la sua professionalità, poi, sono note a tutti. Possibile che non ci sia la disponibilità economica da parte della società ad investire? Sarebbe assurdo, per non dire antieconomico, un discorso del genere. Non investire quei 3-4 milioni di euro su giocatori che potrebbero portare la città in serie A è un discorso più autolesionistico che improntato sull'austerity. Un discorso questo che scivola nel comico se poi paragonato agli anni di "angelozziana" memoria, quando la società faceva scudo all'operato di un direttore sportivo che ha dilapidato un patrimonio producendo zero benefici economici. Una società che ha protetto e coccolato l'investimento più inconcepibile degli ultimi anni, che risponde al nome di Edimo Ferreira Campos, a tutti noto come Edinho.

Possibile allora che non si creda nei calciatori scelti dal mister. Ma anche questo sarebbe sbagliato. Le vicende Candreva e Floro Flores dovrebbero far riflettere chi, in passato, non ha creduto in un progetto voluto e poi violentato. Senza contare che la credibilità il mister se l'è già conquistata con la vetta della classifica ottenuta senza quasi aver messo naso nelle scelte estive di mercato.

Insomma si va verso un blocco di mercato quanto mai sospetto, che vuole forse rivalutare la figura del direttore sportivo, o di un direttore sportivo? Elementare Watson!

mercoledì 20 gennaio 2010

Raffaele Gragnaniello è del Lecce

L'estremo difensore arriva con la formula del prestito a Lecce fino a fine stagione

Aggiornamenti di mercato

Genevier dovrebbe essere al 98% il centrocampista che sostituirà Edinho davanti alla difesa. Tra la società salentina ed il Siena c'è l'accordo.
De Canio è alla ricerca di una punta, e Pinilla risponde a tutti i quesiti: è giovane, ha talento, può ancora crescere, soprattutto, è già da serie A. Il Lecce offre Cacia più un conguaglio economico per la metà del cartellino. Al cileno l'ultima parola.

sabato 16 gennaio 2010

Ancona - Lecce: che peccato!

di Matteo Marchello

La linea che divide le grandi squadre dalle buone squadre è spesso molto sottile: le prime, spesso, sono brutte ma concrete, sempre concentrate ed in grado di capitalizzare l'unico episodio che le capiti a favore prendendosi i tre punti; le seconde sono, invece, divertenti, un po' arruffone e portano a casa meno punti di quelli che in effetti meriterebbero per il gioco divertente prodotto.
Il Lecce di Ancona passa dalla prima alla seconda categoria al minuto 73 e nel giro di 30 secondi; tanti ne sono bastati, infatti, per lasciar crossare indisturbato Schiattarella dalla fascia sinistra, e permettere a Miramontes di staccare dalla destra nell'aria piccola e pareggiare il gol di Mesbah.
Fino a quel momento i giallorossi erano in vantaggio al “Del Conero”, primi in classifica con 5 punti di distacco sulla seconda, ed un'inerzia dalla propria che valeva, probabilmente, più delle indicazioni statistiche.
La partita vista fino a quello momento era stata decisamente godibile, con una predominanza dorica nei primi 45 minuti e quella salentina nella seconda frazione.
Le due squadre si sono affrontante a viso aperto già dal fischio d'inizio, dimostrando di non accontentarsi del pareggio, ed il primo tempo finiva 0-0 grazie a Rosati, autore di alcuni interventi decisivi, e Fabiano, che nell'ultimo minuto di recupero palesava di non avere il piglio del killer, sparando sul portiere avversario a 2 metri dalla linea di porta.
Il Lecce del secondo tempo ritornava in campo con tutt'altro spirito e creava numerose occasioni da gol, sino a trovarlo con Mesbah che ribadiva in rete, con un tap-in vincente, un pallone sparato da Corvia sul primo palo da posizione defilata.
Lo stesso attaccante romano aveva l'opportunità di chiudere la partita, segnando il gol del raddoppio, in almeno tre occasioni, ma ieri non era la sua serata, come si intuiva da un altro legno colpito, e dalla grossolana occasione a porta vuota sciupata.
Accadeva poi che i terzini giallorossi fossero colti dalla strana amnesia congiunta del 73esimo minuto e che il risultato fosse riportato in parità.
Il punteggio era, così, inchiodato sull'1-1, e nemmeno i 60 secondi più pazzi dell'intera serie B riuscivano a sovvertirlo; all'ultimo minuto di recupero, infatti, Mastronunzio si trovava davanti alla porta spalancata, ma tirava su un difensore avversario, sprecando un incredibile match point; ma l'azione non era finita, ed un contropiede micidiale dei salentini regalava a Marilungo la possibilità del gol della vittoria, ma, nella più assoluta solitudine dell'area avversaria, si lasciava ipnotizzare da Da Costa, sbagliando la più clamorosa delle occasioni da rete.
Tirando le somme si può sicuramente dire che il Lecce del “Del Conero” è stato una buona squadra, pasticciona ma divertente, capace di creare molte occasioni e di sbagliarne altrettante; ma la B di quest'anno è così, e in assenza di grandi squadre, anche una buona quadra può essere capolista; se i giallorossi troveranno maggior cinismo e concretezza, il campionato avrà il suo padrone, altrimenti si trascinerà fino al termine guidato da una buona squadra, ma niente di più.

lunedì 11 gennaio 2010

Nel vivo del mercato

di Vittorio Murra


Con le 11 vittorie ottenute, il Lecce è la squadra più vincente del campionato cadetto, insieme all’Ancona, che però ha una gara da recuperare. L’alta classifica non ferma i giallorossi di mister De Canio che vogliono continuare a stupire gli appassionati attraverso prestazioni e punti che diranno, a fine stagione, se questa nuova formula voluta dal presidente Semeraro ha ragione d’essere o meno.Intanto si lavora per il mercato invernale per puntellare la rosa ed eventualmente sfoltirla. È già arrivato il romanista Bertolacci, 19 anni compiuti lunedi scorso. Il numero 4 della primavera guidata da Alberto De Rossi, debutterà presto in campionato. Diverso invece il discorso per Mauricio Pinilla, l’attaccante classe 84, che sta incantando Grosseto e mezza serie A. Portato in Italia dall’Inter, il cileno ha girovagato per mezza europa, non riuscendo mai a conquistare un posto da titolare tra Chievo, Celta Vigo, Sporting Lisbona, Racing Santander, Hearts ed Universidad de Chile, Vasco da Gama e addirittura i ciprioti dell’Apollon Limasson. Trova la sua dimensione a Grosseto, dove riesce a mettere a segno 9 gol in 11 partite. Se sono indiscutibili le sue doti tecniche, restano da valutare i motivi che non hanno permesso al 26enne di emergere nelle sue passate esperienze. Di lui se n’è già parlato in estate, attualmente sono tornate le voci di un interessamento che questa volta potrebbe portare i suoi frutti. Costo dell’operazione 2 milioni per la comproprietà.Si puntella anche la difesa con Ferrario, difensore centrale cresciuto nell’Inter, ha fatto il suo esordio con la Ternata in C1, poi solo Ravenna.

1,90 per 86 kg il gigante di Rho, può giocare all’occorrenza anche esterno destro. Nonostante le lunghe leve infatti, dispone di una discreta velocità.In partenza Edinho, destinazione brasile. Il centrocampista sudamericano, venuto a Lecce non si sa davvero per quali meriti sportivi, è in procinto di lasciare la città all’ombra del barocco per tornare in patria, dove l’aspetta la moglie partoriente. Conosciuto per non aver mai incantato le folle, l’ex capitano dell’International proverà ad accasarsi in patria; il Lecce però per liberarsi dell’ingaggio e del giocatore è costretto a deprezzare il cartellino. O forse è costretto ad attribuire il giusto valore, avendolo strapagato appena un anno fa.In uscita i giovani che giovani non lo sono più: Agnelli, Vicedomini, Diarra e Tundo. Triarico è finito in prestito al Taranto con diritto di riscatto. Il tempo per la sperimentazione è evidentemente terminato. La serie B è dura, la serie A lontana, e De Canio non può aspettare.

mercoledì 6 gennaio 2010

Il Lecce due stende il Vicenza

di Matteo Marchello

Servivano tre punti al Lecce, per iniziare al meglio il nuovo anno e tornare alla vittoria dopo le due scialbe prestazioni con Ascoli e Cesena, e i tre punti sono arrivati.
I giallorossi non sono tuttavia stati esaltanti e hanno rischiato in più di un episodio di subire la rete del pareggio vicentino nel finale, ma gli assalti dei veneti non hanno portato niente se non qualche spavento per il pubblico del Via del Mare.
La partita era iniziata, tuttavia, nella migliore maniera possibile per i Salentini, con Munari lestissimo ad insaccare il primo calcio d'angolo della partita dopo 90 secondi di gioco; questa è rimasta l'unica occasione da gol per tutto il primo tempo per entrambe le squadre, in realtà oggi confusionarie negli ultimi 30 metri, le cui linee mediane sono state più impegnate nella distruzione del gioco avversario che nella costruzione del proprio.
Il secondo tempo invece è stato decisamente più vivace con le squadre ben più lunghe rispetto al primo. E' stato il Vicenza, infatti, a fare la partita cercando un gol che avrebbe anche meritato, ma l'imprecisione di Bjelanovic e la traversa, protettrice di Rosati, hanno frustrato le velleità dei biancorossi di strappare un punto alla capolista, e l'espulsione di De Cesare nel finale ha messo definitivamente la parola fine all'incontro.
Nonostante sia mancata la legittimazione del bel gioco è stata una vittoria pesantissima per i giallorossi. Il mister De Canio, tornato in panchina in anticipo grazie alle recenti decisioni del giudice sportivo, ha rivoluzionato la squadra rispetto alle ultime uscite dovendo sopperire alle assenze degli squalificati Schiavi, Giacomazzi, e Corvia, e del partente Edinho, ormai destinato al ritorno in patria al Palmeiras; ci metteva anche del suo lasciando in panchina per scelta tecnica Giuliatto, Marilungo e Defendi rimpiazzati rispettivamente da Mazzotta, Bergougnoux e Mesbah; in particolare quest'ultima scelta è apparsa particolarmente felice, dato che l'algerino è parso da subito tonico e molto mobile, creando più di qualche problema alla retroguardia veneta, dimostrando di essere di ben altra pasta rispetto al Defendi delle ultime uscite.
Il risultato odierno non deve, tuttavia, mascherare le lacune giallorosse: la difesa oggi è stata vittima di alcune preoccupanti amnesie, ed il centrocampo, orfano del capitano Giacomazzi, poco lucido, nel quale né Vives né Munari né tantomeno Diarra oggi hanno saputo dettare i giusti ritmi a centrocampo, e di questo ne ha risentito il gioco, risultato confusionario e inconcludente; in questo senso potrebbe essere munifico il mercato di Gennaio, dove De Canio dovrà pareggiare le sue doti di allenatore con quelle di responsabile del mercato, con interventi mirati a colmare le mancanze dei centrali in difesa, a corrente alternata per tutto il campionato, e nel cuore del gioco dove manca un metronomo affidabile, in grado di organizzare le manovre in maniera intelligente e dinamica, cioè, per dirla alla Brera, un mediano più veloce con la testa che con i piedi.