sabato 2 maggio 2009

Da wlecce.it: Il Lecce ed il coraggio di dire no





Il modello inglese è un'icona pericolosa dalla quale prendere le opportune distanze. Non a caso ogni volta che in Italia si cerca di emulare l’Inghilterra si finisce sempre col fare clamorosamente una duplice brutta figura. Ed è così che oggi ci riscopriamo separati perché la serie A ha fame ed ora nemmeno le briciole lascia più. La serie B dovrà cominciare a camminare da sola, appoggiandosi dove può, ma in una stanza senza pareti.La delusione è doppia perché questa ennesima sconfitta del calcio italiano porta l’ombra dell’ammutinamento: tre delle quattro società di serie A, che avevano votato segretamente per il no, hanno poi tirato i remi in barca nel momento in cui hanno dovuto giocare a carte scoperte. Oggi il Lecce in serie A è portavoce di tutte le squadre di B che si sentono tradite da chi, solo qualche mese addietro, aveva promesso di rinunciare ad ogni ipotesi di scissione, col solo scopo di ottenere un voto ponderato che avesse la valenza del 60% per le 20 squadre di serie A.La dimostrazione, semmai ce ne fosse bisogno, di come l’obiettivo principe dei potenti non sia tanto europeizzare il calcio italiano, ma amputarlo. Lo strapotere delle inglesi e delle spagnole nei campionati europei per club, sta facendo impazzire i maggiori club italiani che, incapaci di programmare, pensano che la debacle delle italiane in coppa sia dovuta principalmente alla mancanza di introiti.

Separando le due Leghe, la serie A non dovrà sostenere i costi della B, e forse, potrà beneficiare di qualche spicciolo in più. Quella che “loro” chiamano competitività, noi la chiamiamo avidità.Non è difficile immaginare il prossimo passo: escludere dalla serie A i piccoli club, gli stessi che oggi non hanno avuto il coraggio di dire no a questo cambiamento, positivo nelle intenzioni, ma che col tempo si rivelerà come una involontaria eutanasia. Probabilmente non ci sarà nemmeno il bisogno di doverci pensare a questa potatura dei rami piccoli, perché con l’attuale situazione in serie B, difficilmente una piccola di A potrà programmare una stagione a lunga scadenza. Non esisteranno più contratti lunghi o rose ampie, con la conseguenza che molti atleti sceglieranno altre opportunità, preferendo magari campionati esteri. Se una piccola squadra di serie A dovesse incautamente adottare la politica scellerata dei contratti faraonici a lunga scadenza, per ingolosire il campioncino di turno, e poi dovesse retrocedere, il fallimento sarebbe doppio non essendoci introiti consistenti in serie B. Difficile pensare che una "Coca Cola", che ha fatto le fortune della serie cadetta inglese, abbia la stessa volontà di investire sul prodotto italiano. E allora, aggrappiamoci a quella che sembra essere l’unica buona notizia di questa riunione in assemblea: senza la mutualità la B potrebbe tornare alla domenica pomeriggio, e magari la serie A potrebbe restarci male.

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